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Dante al cospetto de “l'amor che move il sole e l'altre stelle”

 

La sera del 23 febbraio, nella chiesa “Madonna delle Grazie” di Santa Maria Capua Vetere, si è tenuto l’ultimo incontro del ciclo della “Lectura Dantis Sammaritana” durante il quale il Prof. Nicola Di Tella, Dirigente scolastico emerito del Liceo scientifico Amaldi, ha commentato il XXXIII canto del Paradiso.

Dopo il preludio iniziale, eseguito dal maestro Enrico Carlone sulle note dell’Ave Maria di Schubert, il professore Bonaventura Perrone, docente di lettere presso il Liceo classico Cneo Nevio, ha ringraziato i presenti, tra cui un folto numero di docenti, in servizio e in quiescenza, e di alunni degli istituti della città del Foro. Quindi, prima di presentare il relatore della serata, il docente, effettuando una digressione sul romanzo distopico “Fahrenheit 451, “ha ricordato gli “uomini libro”, figure che assumono il ruolo di preservare la letteratura dalla distruzione e dall’oblio, collegandone idealmente la funzione all’operato del Centro culturale sammaritano, investitosi da decenni del compito di trasmettere il ricordo del divin poeta alle generazioni future.

Successivamente padre Berardo Buonanno, organizzatore e promotore dell’evento, ha presentato le lettrici del canto: Giulia Massaro, Giovanna De Felice, Elisabetta Cerbo e Asia Parillo (studentesse del liceo classico Cneo Nevio).

Terminata la lettura ha preso la parola il relatore della serata, il quale, nell’incipit del suo commento, ha chiarito che “Dante è giunto al termine del suo viaggio ma, affinché se ne riconosca la validità, ha bisogno di un sigillo finale; è San Bernardo ad intercedere per lui parlando con la Vergine, la quale accondiscende con “li occhi da Dio diletti e venerati’’.

Di Tella si è poi soffermato sulla metafora del geometra, inutilmente in cerca della quadratura del cerchio, emblema dell’incapacità dell’intelletto umano di comprendere la verità senza l’imprescindibile intervento “dell’amor che move il sole e le altre stelle”. “Il poeta fiorentino –ha chiarito- portando a termine il suo volo, che non è folle, in quanto supportato dalla grazia divina, giunge alla contemplazione dei tre cerchi, la divinità chiusa nel suo mistero dell’unità e trinità, così come alla visione dell’altro imperscrutabile dogma dell’incarnazione di Cristo nella natura umana”.

Il preside, in seguito, ha definito Dante non “un poeta’’ ma il ‘’il poeta’’, in quanto l’exsul immeritus “dà la possibilità a tutti i suoi personaggi di cambiare la propria condizione, inviando così un messaggio di speranza ai suoi lettori; insomma le pagine della sua opera sono cristianamente intrise di quella humanitas di ascendenza terenziana”.

A conclusione del suo discorso Di Tella ha poi affermato che, “essendo stato coerente con le sue scelte nonostante la tragica vicenda dell’esilio, Dante oggi può essere per noi l'emblema della dignità umana”.

Ha preso poi nuovamente la parola padre Berardo Buonanno, il quale ha letto ai presenti un breve estratto da un commento alla Divina Commedia di Jorge Luis Borges: “Esiste una prima lettura della Commedia; non ne esiste un’ultima, poiché il poema, una volta scoperto, continua ad accompagnarci fino alla fine. Come la lingua di Shakespeare, come l’algebra o il nostro stesso passato, la Divina Commedia è una città che non riusciremo mai a esplorare nella sua interezza; la terzina più consunta e ripetuta può, una sera, rivelarmi chi sono o che cos’è l’universo. 

 

A chiusura dell’evento, dopo i ringraziamenti, agli astanti è stato offerto un rinfresco che si è svolto nel rispetto delle norme anticovid.

 

                                                                                                                             Di Laora Fabiana

 Larino Gaia   

       Salemme Alessia

                                                              (Classe 5A - Liceo Cneo Nevio)

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