top of page

TRA CERBERO E CIACCO NEL II CERCHIO DELL’INFERNO

​

Venerdì 24 Dicembre, presso la Chiesa Madonna delle Grazie di Santa Maria Capua Vetere, si è tenuto il terzo degli incontri previsti dal primo ciclo della Lectura Dantis Sammaritana.

Il commento al canto VI dell’Inferno è stato proposto dal prof. Agnello Baldi, ex-ispettore della pubblica istruzione, noto per le sue competenze filologiche, le collaborazioni con giornali e riviste a tiratura nazionale, nonché il contributo instancabile profuso nella promozione della Lectura Dantis Metelliana.

All’incontro ha partecipato anche un nutrito gruppo di studenti sammaritani e capuani che, oltre ad ascoltare attentamente il discorso del relatore, ha avuto la possibilità di partecipare attivamente all’iniziativa. Alcuni allievi del Liceo artistico “Righi-Nervi”, hanno infatti dato dimostrazione delle proprie capacità artistiche, realizzando in sala, a mo’ di work in progress, opere ritraenti Dante nella selva oscura.

Dopo i calorosi saluti di benvenuto, indirizzati al relatore e alla platea, da parte di padre Berardo Buonanno, solerte ed indefesso organizzatore della Lectura Dantis nella città del Foro da alcuni lustri, la serata è iniziata con l’ascolto di alcuni minuti del Requiem di Giuseppe Verdi.

In seguito due alunni della III A del Liceo classico Cneo Nevio di Santa Maria Capua Vetere, Giovanni Biasiucci e Antonio Lamberti, hanno letto in modo appropriato e suggestivo i versi danteschi.

Quindi la parola è passata al Prof. Baldi, che ha in primis segnalato la valenza simbolica e religiosa assunta dal numero sei, il quale, “oltre ad essere la somma dei suoi divisori, è anche il numero dei giorni in cui Dio creò la Terra”.

“Il VI canto di ogni cantica dantesca - ha proseguito l’illustre ospite -  tratta la tematica politica; nello specifico si passa da un ambito fiorentino ad uno nazionale”.

Nella prima parte del canto il sommo poeta, ancora scosso dal commovente incontro con Paolo e Francesca, incontra il cane infernale Cerbero, fiera crudele e diversa, distolta poi dall’intervento di Virgilio, che gli lancia in bocca del vile fango. “La figura di Cerbero - ha sottolineato l’ex ispettore - appare anche nell’Eneide di Virgilio e viene descritta dal poeta fiorentino attraverso un climax verbale ascendente, sulla scorta di uno stile basso e plebeo utilizzato da Dante già durante il tirocinio poetico delle Rime Petrose”.

Nella seconda parte del canto, mentre Dante e Virgilio attraversano la pozza di fango in cui patiscono le anime dei golosi, il poeta incontra l’anima del fiorentino Ciacco. “Il nome di questo dannato – ha chiarito Baldi - è stato oggetto di studio da parte di molti critici, ma si può giungere alla conclusione che non si tratti del nome di battesimo del personaggio, bensì di un soprannome equivalente, nel vernacolo fiorentino, a “maiale”. Il protagonista vero di questo canto è proprio Ciacco, che risponde ad alcuni quesiti di Dante sul futuro della comune città natale: preconizzando l'esito dello scontro fra le due fazioni guelfe, profetizza indirettamente al suo interlocutore l’esilio, e spiega al poeta che sono solo due gli uomini giusti a Firenze. A questo punto, Baldi ha rimarcato come “il richiamo ai due giusti presenti a Firenze potrebbe essere un elemento di ascendenza biblica; nel Vangelo di Matteo, si legge che Gesù disse che se due si fossero accordati chiedendo al Padre qualcosa, ciò sarebbe stato loro concesso".

Successivamente Dante domanda a Ciacco anche dove si trovino Farinata Degli Uberti, Tegghiaio Aldobrandi degli Adimari, Iacopo Rusticucci, un tale Arrigo e Mosca dei Lamberti, personaggi che, come conferma il goloso, si trovano nel basso Inferno.

Dopo aver lasciato Ciacco con la promessa di ricordarlo ai vivi, il sommo poeta domanda a Virgilio se le pene dei dannati diminuiranno o aumenteranno a seguito del giudizio universale. Pertanto, nel finale del suo intervento Baldi ha citato i versi in cui il poeta latino invita Dante a rileggersi mentalmente l’Etica nicomachea (…  quanto la cosa è più perfetta, più senta il bene, e così la doglienza), opera di Aristotele in cui il filosofo ritiene che quanto più una cosa è perfetta, tanto più è in grado di percepire il dolore e il piacere. “In definitiva – ha concluso il docente salernitano - quando le anime si ricongiungeranno ai corpi nel giorno del Giudizio Universale, i dannati soffriranno molto di più, e, al contrario, i beati godranno maggiormente della visione di Dio; ciò verrà spiegato meglio a Dante da Salomone nel canto XIV del Paradiso”.

Dopo il caloroso applauso della platea all’indirizzo del dantista, che è stato in grado di appassionare sia gli adulti che i ragazzi, la serata è terminata con i sentiti ringraziamenti del Prof. Nicola Di Tella, ex Dirigente scolastico del liceo Amaldi, il quale ha ricordato che il prossimo appuntamento, venerdì 15 dicembre, vedrà come protagonista il Professore Bonaventura Perrone, docente presso il Liceo Classico Cneo Nevio di Santa Maria Capua Vetere, che offrirà agli appassionati dell'exul inmeritus il commento del IX canto.

​

Antonio Lamberti

(III A Liceo classico Cneo Nevio)

​

​

​

UN MESSO CELESTE ... PER OGNUNO DI NOI

​

La sera del 15 dicembre, nella cornice semplice e accogliente dell’auditorium San Francesco della Chiesa Madonna delle Grazie di Santa Maria Capua Vetere, adornato per l’evento con splendidi quadri realizzati dagli alunni del Liceo artistico “Righi-Nervi”, un’appassionata e variegata platea si è avvicinata alle vicende di Dante e Virgilio nel loro intricato cammino verso la città di Dite.

La Lectura Dantis Sammaritana, che proseguirà fino al 2021, in occasione del settimo centenario della morte del poeta fiorentino, è giunta al suo terzo appuntamento, durante il quale analisi e commento degli affascinanti versi del canto IX dell’Inferno sono stati affidati al Prof. Bonaventura Perrone, docente presso il Liceo Classico Cneo Nevio.

La serata è stata aperta, come ormai di consueto, da Padre Berardo Buonanno, organizzatore e promotore dell’iniziativa, il quale ha assecondato anche una singolare richiesta dei ragazzi presenti in sala, augurando un buon compleanno ad una ragazza tra il pubblico.

Dopo il suggestivo e coinvolgente ascolto delle note della wagneriana “Cavalcata delle valchirie”, due alunne della III A del Nevio, Sara Silvestro e Martina Patria, si sono cimentate nella lettura del canto. Poi la parola è passata al Prof. Perrone, il quale, dopo essersi umilmente dichiarato piuttosto in difficoltà, data la presenza di illustri maestri e colleghi, è sceso in platea ed ha aperto il suo intervento con una domanda: “Perché il canto IX?”

La scelta è stata dettata dalla volontà di dare spazio ad un canto definito “impoetico” da una critica di orientamento crociano (che ha visto una eccessiva preponderanza dell’allegoria sulla poesia); altri studiosi lo hanno, invece, rivalutato, segnalando, a proposito della prima cantica, un secondo ingresso nell'Inferno, quasi un nuovo inizio del poema, essendovi state prima una porta scardinata, poi le porte ostinatamente difese dai demoni della città di Dite”.

Il relatore ha poi proseguito concentrandosi sui passi di maggiore spessore contenutistico. L’ attenzione è stata posta in particolare sulle tre furie e sul messo celeste, figure fondamentali ai fini dell’interpretazione del canto.

Come ha puntualmente precisato l’ospite della serata, “Megera, Aletto e Tesifone, guardiane della porta della città di Dite, rappresentate secondo l’iconografia classica con delle idre come capelli e con la bocca insanguinata, adombrano le difficoltà che ogni cristiano incontra nel suo percorso verso la Salvezza Eterna, costellato di ostacoli e tentazioni. Medusa si presta a rappresentare il dubbio ereticale, partendo dalla contrapposizione proponibile tra la virtù teologale della fede, che rimanda al fuoco e al rosso della fiamma, ed il freddo che, al contrario, è identificabile con la pietra, cioè la materia a cui spetta per eccellenza questa caratteristica. Dunque l’eresia è considerata una conseguenza della condotta dell’uomo che aspira a vedere troppo con il lume della ragione e non sa chiudere l’occhio dell’intelletto su dei problemi che si rivelano insolubili per lui. In questo caso, come si nota nell’epilogo del canto, chi ha voluto vedere troppo è relegato in una tomba che gli impedisce ogni visione”.

Se Virgilio non riesce a sconfiggere la tracotanza dei diavoli è evidente che, privilegio solo del cristiano, Dante potrà prima soccombere, ma poi risanare intelletto e anima grazie alle cure salvifiche che arrivano dall’alto. E l’opportunità di salvezza viene proprio dal messo celeste, dall’identità non definita, ma in grado di allontanare le minacce al suo passaggio e di spalancare le porte della città con un semplice tocco di verghetta.

“Si profila, così, – ha chiarito Perrone - un vero e proprio atto teatrale nel quale fa la comparsa una sorta di deus ex machina che porta a felice risoluzione l’impasse che ha attanagliato il corpo e l’anima di Dante. Anche in questo caso, come per le figure afferenti al demoniaco di ambito pagano, sono state formulate varie ipotesi circa la identità di questo personaggio risolutore, adombrato nell’espressione “da ciel messo”, sulla quale, almeno, i più sono concordi nel ritenere che “messo” abbia valore di participio e non di sostantivo”.

La serata si è, quindi, conclusa con un’esortazione per i partecipanti, da parte del relatore, ad affidarsi in maniera totale alla Fede nei momenti di maggiore difficoltà, senza mai dubitare in un intervento di Dio.

Lo slogan che sta accompagnando l’evento, “In compagnia di Dante su per l’erta”, può considerarsi, fino ad ora, pienamente rispettato, vista la spontanea passione con la quale il pubblico si è immedesimato nelle personalità di Dante e Virgilio e si è idealmente incamminato nel percorso intrapreso dai due viatores.

Il prossimo appuntamento con l’universalità dei versi danteschi è per il 19 gennaio 2017 alle ore 18:30: il Prof. Silvio Laudisio proporrà l’analisi del canto X dell’Inferno.

​

Giovanni Cancelli

(III A Liceo classico Cneo Nevio)

​

​

​

​

CON PIER DELLE VIGNE TRA GLI STERPI DEI SUICIDI

​

Il quinto appuntamento ha visto la lettura del XIII canto dell’Inferno, uno dei più celebri e toccanti della Commedia, che è stato minuziosamente commentato dalla Professoressa Rosalba Piscopo, docente del Liceo Classico “Cneo Nevio” di S. Maria C. V. Il pubblico, costituito da persone di ogni età e, in particolar modo, da giovani studenti appassionati dell’opera dantesca, ha seguito con attenzione e commozione il cammino di Dante nel secondo girone infernale, quello dei suicidi, e il suo dialogo con il celebre Pier delle Vigne, vittima dell’invidia che regnava nella corte di Federico II di Svevia, tanto da ritenere opportuno togliersi la vita. Il commento della relatrice ha delineato le caratteristiche stilistiche, ha portato alla luce i messaggi più impliciti e ha reso possibile comprendere fino in fondo il senso del canto e la bravura del poeta.

"Il canto XIII dell’Inferno - ha evidenziato la docente - è uno di quei canti che entrano nel pensiero e vi rimangono impressi con tutte quelle immagini, vive, potenti, icastiche e quei personaggi veri, reali, scolpiti da una fantasia poetica straordinariamente  creativa". 

In questo canto, Dante è più che mai attuale in quanto egli riflette la condizione di una società permeata da una forte religiosità, ma afflitta dal dilagare dei vizi e dalla mancanza di valori.

"Leggere i versi della Commedia - ha sottolineato la professoressa - ci può aiutare a comprendere la realtà dal momento che l’uomo del tempo di Dante è lo stesso uomo di oggi. E’ un uomo affaticato dalle lotte quotidiane, un uomo soffocato da un mondo che celebra i vincitori e calpesta l’orgoglio dei vinti, un uomo che erra e si perde; un esempio è  Pier delle Vigne, la cui forza morale è duramente messa alla prova. Come in passato, così adesso, è facile perdersi, lasciarsi andare, allontanarsi dal giusto cammino".

Dante ci invita a non rassegnarci e ci insegna che c’è sempre spazio per il cambiamento; ne era così convinto da spendere anni della sua vita nella composizione di un poema che ha lo scopo di illuminare i sentimenti più puri dell’uomo, in un gigantesco affresco della vita umana che racchiude il senso dell’esistere.

"La  Commedia - ha concluso - l'ospite della serata, è più che attuale, è straordinariamente completa e ci offre una vasta gamma di insegnamenti in grado di unire la terra al Cielo".

Al termine la parola è stata data a padre Berardo e all’ex Dirigente Scolastico prof. Di Tella, che si sono complimentati con la docente per aver tenuto una lectio magistralis così accurata e coinvolgente. Infine entrambi hanno invitato il pubblico, in particolar modo i giovani, a non perdere mai di vista quelli che sono i veri valori della vita, che resta per ciascuno il bene più prezioso.

 

Giusy Cavasso 

(IV C   Liceo classico Cneo Nevio)

​

​

​

LA CARA E BUONA IMAGINE PATERNA

​

Nella giornata di venerdì 9 febbraio si è tenuto l’ultimo incontro con Dante presso l'Auditorium San Francesco del Convento Santa Maria delle Grazie. Dopo i dovuti ringraziamenti ai docenti e agli alunni che hanno preso parte all'iniziativa “…Verso il settimo centenario della morte del Divin Poeta", Padre Berardo ha parlato del concorso di poesia dedicato all’illustre poeta e riservato agli studenti delle scuole superiori di Santa Maria Capua Vetere.

La lettura del canto è stata affidata a due alunni della classe V A del Liceo classico Cneo Nevio: Carmen Passarelli e Federico Capitelli.

Poi il professore Saverio Caramanica, acuto dantista mondragonese, nonché preside emerito del Liceo Leonardo Da Vinci ed autore di saggi tra i quali “La poesia di Orazio", “Cielo e terra nel poema di Dante Alighieri", ha offerto la sua attenta analisi del XV canto, posta a chiusura del ciclo di letture dedicato all’Inferno dantesco.

“Questo canto- ha esordito l'illustre relatore- vede protagonisti i sodomiti, i violenti contro la natura, che camminano senza posa sul sabbione infuocato e sotto l'incessante pioggia di fuoco. È il canto della devozione filiale che Dante riserva a Brunetto Latini, lo elogia, lo gratifica di qualità, di virtù eccezionali; grazie a lui, Dante si è avvicinato alla poesia, alla sfera della morale e della politica, tanto che lo riconosce come suo maestro. Ma, nonostante Dante riconosca i grandi meriti del maestro, non esita a condannarlo alle pene dell’inferno. La sua è comunque una macchia che davanti alla giustizia divina non si cancella. Anche se il poeta prova pietas, commiserazione.”

Brunetto Latini, infatti, nella sua vita terrena è stato un sodomita e, nonostante abbia un “cotto aspetto" e un “viso abbruciato", si stupisce nel vedere il suo discepolo nell’Inferno. Così Dante gli spiega di essere stato mandato per grazia divina e allora il maestro, fiducioso, gli dice: ” Se tu segui tua stella,/ non puoi fallire a glorioso porto “.

È il canto della terza profezia (dopo quelle di Ciacco e di Farinata) nel quale Brunetto preannuncia l'enorme successo che avrà la Comedìa se Dante rimarrà fedele ai principi che hanno ispirato fino a quel momento le sue azioni. Il maestro che difende ed esalta le qualità del discepolo è la coscienza critica di Dante, è la sublimazione dell'uomo che aspira al superamento dell'effimero. Torna, dunque, anche nella Divina Commedia quel topos della poesia eternatrice di oraziana memoria. Ma sono stati quegli stessi principi che lo hanno addirittura portato all’esilio dalla sua Firenze, amata e odiata allo stesso tempo. “Infatti- ha spiegato Caramanica- senza alcun dubbio quella Firenze ancora rozza gli si farà nemica solo perché il Divin Poeta ha voluto fare del bene. Non a caso, egli si definisce “florentinus natione, non moribus". Egli non vuole identificarsi con quei villani e sciagurati che lo hanno bandito dalla terra natia, perché il destino dei giusti non è quello di essere compresi, ma quello di subire le oppressioni da parte dei malvagi”.Adesso, però, la scena occupata per tante terzine da Latini, “La cara e buona imagine paterna”, vede protagonista l’exul immeritus, pronto a subire i colpi della fortuna con dignità e onore, restando coerente con se stesso. E, lungi dall' essere superbo, il Divin Poeta ha voluto solo ribadire che l'uomo retto e giusto non deve avere timore di seguire la sua strada.

In chiusura di serata ha preso la parola il preside emerito Nicola di Tella, il quale ha sottolineato il rapporto tra l'allievo Dante e il maestro Brunetto interpretandolo in chiave moderna.

​

Martina Bellavita 

(III A   Liceo classico Cneo Nevio)

​

​

​

​

DANTE, SAN FRANCESCO E L’ISLAM

 

Il giorno 14 Novembre, alle ore 18.30, presso la chiesa di S. Maria delle Grazie, Padre Berardo Buonanno ha inaugurato il nuovo ciclo della Lectura Dantis Sammaritana, definendola "un cammino che dobbiamo compiere per promuovere la cultura e contrastare il male della società".

Ad aprire il ciclo delle lecturae, con un intervento sul tema “Possibilità di un dialogo tra Dante, San Francesco e il sultano d’Egitto”, era stato designato il professore Agnello Baldi, che però è stato costretto a dare forfait per seri motivi di salute; conseguentemente ha lasciato il testimone alla sua stessa figlia, la professoressa Laura Baldi, docente del liceo classico Nevio.

Prima che l’ospite della serata iniziasse il suo intervento, la parola è stata data ad un’alunna dello stesso liceo, per la lettura di un passo riportante il dialogo tra San Francesco e il Sultano.

La professoressa Baldi ha poi esordito precisando che "bisogna attualizzare Dante senza dimenticarne il contesto storico per poter capire i valori da cogliere". Ha poi evidenziato, tramite la lettura di diversi canti danteschi ed altre opere approfondite dal padre, che Dante aveva preso spunto, per la sua produzione, da scritti arabi acquisiti anche attraverso le Summae, testi medievali in latino. Su tutti la relatrice ha ricordato il “Libro della Scala", opera che, sviluppando un famoso versetto coranico su un miracoloso viaggio notturno del profeta a Gerusalemme, narra la sua ascesa al cielo e la sua visita dei regni dell'oltretomba.

Si notano dunque analogie tra i testi arabi e quelli danteschi; ma, nonostante ciò, Dante nei suoi componimenti condanna l’Islam: in particolare colloca Maometto ed Alì nella nona bolgia infernale, (quella dei seminatori di discordie), considerandoli causa di scismi religiosi (come quello tra Sunniti e Sciiti) e inoltre presenta un modello negativo della donna araba. Questo suggerisce che il poeta fiorentino conosceva la cultura enciclopedica araba, ma ne trascurava il pensiero filosofico.

È comunque lo stesso Dante che si interessa dell'incontro tra San Francesco e il Sultano, come si evince dallo spazio riservatogli nel canto XI del Paradiso. L’assisiate compì un’opera di apostolato a Damietta, proprio nel periodo cruento delle Crociate. Si trattò di una missione di pace, un tentativo di trovare una via nuova di rapporto sereno, grazie alla comprensione e al rispetto dell'altra religione.

La professoressa Baldi ha concluso il proprio commento dicendo che, “sulla falsariga del Santo di Assisi, anche Giovanni Paolo II ha tentato una forma di dialogo con l'Islam; ma, dopo costui, non ce ne saranno altri, ci sarà soltanto una separazione netta tra due religioni, considerate tutt'oggi diverse”.

Quest'ultimo punto è stato poi ripreso dal Preside emerito del liceo Amaldi, Nicola Di Tella, che rimarcando, con un explicit emblematico, come vadano banditi i contrasti, ha concluso: “essendo Dio uno solo, non bisogna diffidare delle altre religioni, né combatterle.

Carmen Piccirillo / Federica Curatolo 

(III A   Liceo classico Cneo Nevio)

​

​

 

 

CON CATONE LUNGO LA SPIAGGIA DEL PURGATORIO

Giovedì 28 novembre, alle 18:30, si è tenuto, presso la chiesa Madonna Delle Grazie, il secondo incontro della Lectura Dantis Sammaritana, dedicato al I canto della seconda cantica. La chiesa era abbellita dai quadri realizzati dagli allievi della professoressa Cusano, del Liceo artistico Righi-Nervi.

Padre Berardo Buonanno, promotore del Centro Culturale Sammaritano, si è rivolto ai presenti ringraziandoli e presentando l’ospite della serata: il professore Nicola Di Tella, preside emerito del Liceo Amaldi.

Successivamente quattro alunne del Liceo Pizzi di Capua si sono cimentate nella lettura dei versi danteschi.

Quindi ha avuto inizio il commento a cura Di Tella. L’egregio preside ha aperto il suo intervento sottolineando che “vi è sempre una nuova chiave interpretativa, che funge da arricchimento mentale, psicologico e culturale, della Divina Commedia, la quale è una continua scoperta della verità e della ricerca dei valori profondi dell’uomo”.

Il relatore ha poi rimarcato la centralità e l’importanza della figura di Catone l’Uticense, posto da Dante sulla spiaggia del purgatorio e descritto come un vecchio che ispira autorevolezza e severità:

Un personaggio suicida e nemico dell’impero (l’istituzione tanto ammirata dall’autore del De Monarchia) il quale, dunque, pone dei problemi; ma la sua presenza nel purgatorio, in qualità addirittura di custode, si giustifica poiché Dante in lui fonde, come affermò De Sanctis, l’ideale antico del savio (amante della patria e delle virtù civili) con quello nuovo del santo.

“Del suo atto resta il significato etico e non politico,” comprensibile sulla scorta dell’interpretazione figurale applicata da Auerbach a tutta la Summa dantesca.

Il professore ha sottolineato che Catone, pur essendo un suicida e un pagano, è stato posto da Dante ugualmente nel purgatorio poiché la sua aspirazione alla libertà politica diventa figura di quella libertà dal peccato che agognano le anime purganti.

L’ex dirigente ha inoltre letto un passo dal libro “Il Dio unico e la società moderna”, nel quale l’autore, Eugenio Scafari, afferma che per coloro che non credono in alcun Dio il bene ed il male, il giusto e l’ingiusto hanno sede nella loro coscienza”.

Ha infine concluso affermando che “tale canto ci fa capire che l’uomo deve affrontare il problema del bene e del male e deve esporsi alla vita con grande dignità, semplicità e consapevolezza, non vivendo alla giornata, ma avendo un obbiettivo ben preciso, come l’obbiettivo delle anime, le quali intraprendono quell’ascesa alla vetta del purgatorio che, seppur dolorosa e faticosa, è necessaria.

Ha concluso poi la serata, il prof. Antonio del Vecchio, preside emerito del Nevio, il quale, prendendo la parola, ha ringraziato ed elogiato il suo omologo per la dotta e puntuale relazione e ha informato i presenti che il prossimo incontro si terrà venerdì 20 dicembre, alle ore 18:30, nel medesimo luogo.

​

Gaia Larino / Alfredo Ventriglia 

(III A   Liceo classico Cneo Nevio)

​

​

​

​

​

​

bottom of page